Anche grazie alla nostra comune origine pugliese, con Gabriella Genisi (ciao Gabri) siamo amici da anni, quindi conosco Lolita Lobosco fin dalla nascita del personaggio. Con Gabriella abbiamo presentato libri insieme, ci siamo incrociati in festival in molte parti del paese. Insomma, la nostra è una bella amicizia che dura da tempo. Addirittura anni fa pensai di fare interagire Lolita in un mio romanzo, e Gabriella fu d’accordo, ma poi non se ne fece più niente. Più di qualcuno, però, mi ha confidato la convinzione che una Lobosco sia solo l’intelligente prodotto di una penna arguta e che, invece, la realtà sia diversa. Be’, non è così. A parte le normali caratterizzazioni romanzesche, il dialetto barese (che è sicuramente uno dei più divertenti, e Checco Zalone, Pinuccio, Uccio de Santis e altri lo confermano) e la sospensione dell’incredulità del lettore/spettatore (cosa fisiologica quando si parla di fiction), nella Polizia di Stato le Lolite esistono eccome. Ne conosco varie.
Sono colleghe decise, che comandano uffici composti da centinaia di persone, fanno i capi di Squadre Mobili, sono questori. Donne raffinate, impiegate nei più pericolosi servizi di ordine pubblico o nelle operazioni a rischio. E non è necessario, per una poliziotta Lolita-style, essere nubile, perché la maggior parte di loro sono regolarmente sposate con figli. E quando ci stai insieme, magari davanti a un tè, sfoggiano cultura e dolcezza. Credetemi sulla parola, conosco donne in divisa attraenti e affascinanti come e più di Luisa Ranieri. È chiaro, nomi non ne faccio neanche sotto tortura.
Non ricordo di aver mai assistito ad atteggiamenti maschilisti nei confronti di queste colleghe, se non in un’occasione. Era una riunione di un certo rilievo e vi partecipai con le due colleghe responsabili degli uffici competenti, quando a un tratto qualcuno (non appartenente alla Polizia) esclamò scherzosamente: “Eh, il questore si è portato le veline!” Siccome erano due funzionarie di polizia, e per quanto la persona stesse scherzando, la battuta fu censurata e lui si scusò.
Durante la presentazione di un mio romanzo, in cui i personaggi del prefetto e del questore sono donne, chi moderava chiese: “Come mai in questo romanzo i massimi vertici dello stato sono rappresentati da due figure femminili?” Sinceramente caddi dalle nuvole. Non capivo quella domanda, e risposi che nella mentalità delle forze dell’ordine è normalissimo che un questore, un procuratore della Repubblica o un prefetto siano donne. Ecco, alle volte ho la sensazione che certi preconcetti, che molti ritengono tipici di corpi tradizionalmente maschili, appartengano invece a chi ne è fuori.
Lo dico sempre, è difficile conoscere davvero la mentalità delle forze dell’ordine, è un microcosmo difficilmente penetrabile, sia per quanto riguarda la presenza delle donne sia per molti altri settori. Questo è il motivo per cui scrivo i miei romanzi con il desiderio di inserirvi quel tocco di realismo che consenta al lettore di immedesimarsi in uno sbirro vero. Besos, alla prossima
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